Al mondo esistono circa 300 specie di tartarughe, poche decine di queste sono terrestri, molte di esse normalmente commercializzate e regolarmente detenute e allevate come pet.
In Italia, parlando di tartarughe terrestri, si fa riferimento normalmente alla specie più vicine a noi, che abitano il bacino del Mediterraneo.
Queste specie appartengono al genere Testudo e si distinguono T. hermanni, T. graeca e T. marginata.
Quando invece si fa riferimento alle tartarughe acquatiche, difficilmente si intendono le specie autoctone del mediterraneo, ma, di norma, si fa riferimento alle tartarughe regolarmente vendute nei negozi che sono provenienti principalmente dal nord America e dall’oriente.
In particolare intendiamo le specie Trachemys scripta, Graptemys pseudogeographica, Mauremys reevesi e sinensis e le varie specie del genere Pseudemys. Va detto che, tra queste, la più presente nelle case degli italiani è Trachemys scripta, ma la sua vendita è attualmente vietata dal D.L. 230 del 15/12/2017, la detenzione resta comunque possibile in seguito alla dichiarazione di possesso.
Perchè le Tartarughe vanno in Letargo
Trattandosi, in generale, di animali che vivono nel bacino del Mediterraneo o comunque in zone del pianeta a clima temperato, essi necessitano della stagione di letargo invernale.
Il letargo viene effettuato in maniera corretta tra i 3 e i 10 gradi Celsius (anche se questo dato dipende molto dalla specie, considerando il suo areale di provenienza e le sue abitudini) e, durante tutto questo periodo, le tartarughe non mangiano, non defecano e si muovono molto poco.
L’ideale per assicurare un buon letargo alle nostre tartarughe domestiche è ricreare la condizione simile a quella che loro vivono in natura, monitorando temperatura e umidità per creare un letargo controllato
Dove vanno in letargo le Tartarughe
L’ambiente per effettuare il letargo è diverso a seconda delle attitudini della specie.
Per esempio le tartarughe terrestri è possibile lasciarle direttamente all’esterno dando la possibilità di interrarsi o ripararsi dove reputano più idoneo (considerando, però, che in questo modo sono più suscettibili agli sbalzi termici ambientali) oppure posizionarle in un contenitore con fondo in terra e coperte con foglie secche o strisce di giornale, e tenute in un ambiente non riscaldato all’interno del quale le temperature sono più omogenee.
Le tartarughe acquatiche, in modo analogo, possono essere gestite all’esterno, se tenute all’interno di laghetti o pozze di idonea profondità; in tale caso una delle principali perplessità riguarda il congelamento dello strato superficiale della pozza, qualora dovesse accadere, se l’animale è sul fondo (come dovrebbe normalmente essere durante il letargo) non ci sono problemi dal momento che la temperatura sul fondo sarà idonea e nei range sopra indicati e, ad una temperatura così bassa, le tartarughe hanno sviluppato varie strategie per “respirare” sott’acqua senza necessità di salire in superficie.
Sempre analogamente alle tartarughe terrestri, è possibile anche effettuare un letargo controllato, in questo caso la tartaruga va posizionata in un contenitore con livello di acqua idoneo per la specie considerata e gestita in ambiente protetto e con temperatura controllata, ma ovviamente non al caldo.
Quando vanno in letargo le tartarughe
Le tartarughe di terra e di acqua più comunemente detenute necessitano del periodo di letargo che inizia nella stagione autunnale (intorno alla metà di ottobre) , con l’abbassamento delle temperature.
Questa fase dell’anno, per quanto altamente stressante per l’animale, è fondamentale per varie ragioni, ma soprattutto per mantenere un corretto ritmo metabolico stagionale.
Prima del letargo è dunque fondamentale assicurarsi che il proprio animale sia nelle condizioni idonee per affrontarlo, che abbia i giusti strati di grasso e sia adeguatamente idratato.
Una delle domande più comuni fatta dai proprietari di tartarughe è legata alla necessità di effettuare il letargo durante il primo anno o i primi anni di vita.
La risposta è da valutarsi considerando bene la condizione che in natura caratterizza la specie considerata e cercare di ricrearla più uguale possibile. Ciò che spesso avviene è che quando la specie viene allevata a climi più rigidi rispetto alla normalità (esempio le tartarughe mediterranee nel nord Italia), il piccolo appena nato, in questi casi, ha meno tempo per mettere da parte le riserve energetiche necessarie prima del letargo rispetto a quanto accadrebbe se fosse nato in un clima più caldo, e si trova inoltre a dover affrontare un inverno più lungo di quello che affronterebbe in natura.
Detto ciò la soluzione non consiste nell’evitare del tutto il letargo ma effettuarlo in modo più affine a quanto avviene naturalmente.
A tale proposito una giusta valutazione con il veterinario esperto può essere di grande aiuto.
Le informazioni fornite in questo articolo sono il minimo indispensabile per un approccio corretto al letargo di questi animali; in ogni caso, va ricordato che tali indicazioni sono generiche e che ognuna delle specie suddette ha caratteristiche e necessità leggermente diverse dalle altre, legate soprattutto alla zona da cui provengono gli esemplari.
Le tartarughe, inoltre, non necessitano, se sane, di cure particolari ma sono consigliate una o due visite all’anno da un veterinario esperto in animali esotici per valutare lo stato di salute, in particolare nelle stagioni pre- e post letargo, allo scopo di ottenere le indicazioni per una gestione perfetta dell’animale.
Autore Articolo
Lubian Emanuele si laurea a Milano nel 2010 in Medicina Veterinaria con voto 110/110 e tesi dal titolo “Composizione microbiologica cloacale in T. hermanni sane e con cloacite”; da allora dedica principalmente la sua attività alla cura degli animali esotici e selvatici.
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